Roma Metropolitane ha finalmente consegnato al Campidoglio il suo dossier relativo ai malfunzionamenti e allo stato di avanzamento dei lavori della nuova metro B1. Dalla relazione si evidenziano le numerose criticità del prolungamento della linea b nei suoi primi 6 mesi di vita, sia nel servizio offerto che nei danni collaterali causati dai suoi cantieri e dalla sua costruzione.
La società, di cui il Comune di Roma è unico proprietario, ammette gran parte delle accuse mosse dagli utenti, in particolare imputando i vari guasti ai convogli, l’inagibilità degli ascensori, le interruzioni di corrente e la pioggia nelle stazioni a una mancanza di fondi per effettuare i collaudi necessari; un blando tentativo di giustificare gli evidenti errori strutturali del progetto e la fretta dell’amministrazione comunale, fortemente pressata dalla rabbia crescente dei romani , nell’apertura della linea. Le dimissioni del direttore generale di Roma Metropolitane, Federico Bortoli, e dell’ad di Atac, Carlo Tosti, sono un chiaro segnale della confusionaria gestione del trasporto pubblico a Roma, il cui traffico è ormai ad un collasso senza precedenti. Trasporto di superificie e metropolitano versano in una situazione di perenne incertezza, con lavori interminabili, dipendenti sul piede di guerra perchè costretti a turni disumani e cittadini esasperati per un servizio che è un eufemismo definire scadente.
Un’altra odissea si preannuncia per la messa in funzione del capolinea della B1, previsto dal progetto alla fermata di viale Jonio. Il termine dei lavori, previsto per i primi mesi del 2013 (dopo essere già slittato per ben due volte) sembra una chimera che difficilmente potrà essere realtà prima della fine dell’anno. Un progetto molto travagliato quello che avrebbe dovuto cambiare la mobilità di uno dei municipi più grandi della Capitale, il quale ha subito numerosi ritocchi in corso d’opera: l’abolizione della stazione Nomentana e del parcheggio di viale XXI Aprile, l’accantonamento del tunnel con tapis-roulant che avrebbe dovuto sostituire quest’ultima, l’istituzione della fermata Jonio e la presunta realizzazione di un ponte ciclo-pedonale sul fiume Aniene.
Come se non bastasse, le zone adiacenti alle nuove stazioni presentano problemi di più o meno grave entità. A parte il traffico triplicato, i parcheggi diminuiti, il parco di piazza Conca d’Oro scomparso, la situazione più pericolosa riguarda certamente le crepe e i danni strutturali agli edifici contigui. Roma Metropolitane scarica ogni responsabilità in merito; molti residenti sono invece agguerriti contro il gruppo Salini, general contractor (principale contraente) dell’appalto, che secondo molti avrebbe più di una colpa in tutta la faccenda.
Ma chi è il gruppo Salini? Perchè, nonostante sia il principale costruttore, non viene mai chiamato in causa per le problematiche dell’opera? Risulta difficile credere nella sua impeccabile condotta, considerando anche la natura originaria delle criticità.
Il gruppo Salini è il terzo “General Contractor” italiano, specializzato nelle costruzioni di grandi opere. Nel 2011 ha raggiunto un fatturato pari a 1,4 miliardi di Euro ed un portafoglio lavori di circa 10 miliardi. Ha una lunga storia di costruzione di opere faraoniche da 70 anni ad oggi, in Italia e nel mondo: infrastrutture in Somalia, Sierra Leone, Gabon, Marocco, Etiopia, Guinea; la ritrutturazione di alcuni edifici romani, come la nuova sede dell’università di Roma 3 e dell’ex caserma sani (nella quale risulta la presenza di amianto); dighe ed impianti idroelettrici in Cina, Uganda, Zimbawe, Ghana, Giordania e le centrali idroelettriche di Brindisi Nord e di Brindisi Sud, cui spetta, secondo l’Agenzia Europea per l’Ambiente, il triste primato di impianti più inquinanti d’Italia, come testimoniato dal processo a carico dei loro dirigenti per gravi reati ambientali.
Negli ultimi tempi il gruppo romano è finito alla ribalta dei quotidiani nazionali per una presunta operazione illecita compiuta in collaborazione col fondo statunitense Amber in merito all’acquisizione, nel mese di luglio, nientemeno che del gruppo Impregilo. Quest’ultimo è tristemente noto a molti come il braccio di cemento armato di ogni governo degli ultimi 50 anni. Impregilo è ovunque: nella Salerno-Reggio Calabria per la quale ha chiesto un prolungamento di tre anni per la consegna dei lavori (e da cui ruba nel vero senso della parola soldi pubblici da vent’anni insieme alle amministrazioni). Ha costruito l’inceneritore di Acerra e numerose tratte del TAV nel nord Italia (Novara-Milano, Torino-Novara, Bologna – Firenze), oltre ad aver ottenuto l’appalto per l’alta velocità del Terzo Valico sulla tratta Milano – Genova. E’ la società a cui il Governo vuole affidare il Ponte sullo Stretto, le nuove centrali nucleari. E, dulcis in fundo, vanta la “specializzazione” nell’edificazione degli ospedali, tra cui l’ospedale de L’Aquila, sgretolatosi nel terremoto del 2009.
Insomma il gruppo Salini fa parte di quelle società responsabili della costruzione di mostri sempre più faraonici e costosi, falsi dispensatori di lavoro e funzionalità, finanziati attraverso il nostro denaro, mentre la qualità della nostra vita continua a peggiorare, le opportunità di lavoro diminuiscono, la precarietà dilaga sempre più, i territori che viviamo quotidianamente sono sempre più devastati.
Visti i precedenti e le caratteristiche dei costruttori, i sospetti sulla solidità del prolungamento B1 e sulle responsabilità del gruppo prendono corpo. Chissà cosa ne pensano i residenti inferociti…