riappropriazione a Bologna.

Le pratiche di riappropriazione sono molto più diffuse di quanto si dica. I giornali non ne parlano, le forze dell’ordine le reprimono, la politica le condanna, perché si tratta di pratiche che fanno paura. Se tutte le persone che hanno bisogno di una casa occupassero spazi abbandonati, se tutti gli utenti dei servizi di trasporto che non possono pagare biglietti e abbonamenti si rifiutassero di pagare, se si iniziasse in massa riprendersi spazi verdi, o a barattare i propri oggetti, se si facessero circolare libri e film, se si condividessero momenti di socialità dove non si paga per vedere un film o imparare qualcosa, chi farebbe più profitto?

Ma bisogna capire che non è giusto rinunciare a qualcosa perché costa troppo, anzi, perché ce lo fanno pagare troppo. Non posso andare al cinema perché il biglietto è troppo caro? Non posso prendere l’autobus perché il biglietto è troppo alto e poi mi fanno la multa? Non posso comprarmi un libro perché 20 euro non ce li ho? Devo svenarmi per pagare un affitto a qualche palazzinaro perché i prezzi di mercato sono questi?

La soluzione c’è. La riappropriazione. L’autoriduzione. Una società classista come la nostra impedisce sempre di più l’accesso a servizi fondamentali (la sanità, l’istruzione, il trasporto) a chi non ha soldi, e ti costringe a rubare o a rinunciare a fare quello che vorresti. Quante persone rinunciano ad una visita medica perché è troppo cara? Quanti, a Roma ma non solo, spendono metà del proprio stipendio in affitto e bollette? Quante volte siamo costretti a rinunciare a uscire perché tutto costa, tutto è fonte di profitto? Oggi si sta ricominciando a delineare anche un’università di classe, dato che le tasse universitarie sono sempre più inaccessibili a chi ha un reddito basso. E per imparare qualcosa o per frequentare un corso, bisogna pagare.

Ma questo discorso vale anche, ad esempio, per lo sport. A Roma esistono diverse palestre popolari o autogestite, nate da occupazioni di luoghi abbandonati e convertite in spazi in cui non sono il profitto o la competizione a contare, ma l’accesso a tutti e tutte allo sport, la condivisione di valori come l’antifascismo, l’autorganizzazione, l’antisessismo, l’orizzontalità.

 

A Bologna il collettivo Làbas nelle ultime settimane ha praticato qualcosa di simile: dall’occupazione della Coop alla campagna contro l’ATM (l’equivalente dell’ATAC) fino alla riappropriazione di una caserma abbandonata questo è uno degli esempi di come ci si possa autorganizzare e reagire al sistema.

Riportiamo alcuni pezzi di uno comunicato di Làbas.

LabasDiventa sempre più difficile in questa crisi riuscire ad esprimere le nostre esigenze materiali: per pagare l’affitto di casa devi destreggiarti tra mille lavoretti precari, andare al cinema e a teatro è diventato un lusso, per comprare l’ultimo best seller devi sperare che ti salti magicamente in borsa, per fare la spesa devi portarti dietro la calcolatrice come se fosse un problema di matematica da risolvere, per muoverti in libertà per la città con i mezzi pubblici o per spostarti da una città all’altra devi giocare a “guardie e ladri” con i controllori o pagare un biglietto a cifre improponibili per le tue tasche…altro che diritti, qua si parla solo di profitti…

 

 
Per questo motivo il 13 novembre abbiamo occupato l’ex Caserma Masini; per questo motivo siamo determinati a difenderla e a ripensarla insieme; (…) per questo motivo il 22 novembre abbiamo occupato la Coop e bloccato le casse affermando di “volerci mangiare la crisi” e dimostrando che “la coop siamo noi”; per questo motivo abbiamo manifestato in migliaia invadendo di antifascismo il quartiere Santo Stefano e più in generale la città, convinti e determinati contro ogni forma di fascismo e per chiudere la sede, da poco aperta, di Casa Pound Bologna; per questo motivo il 24 abbiamo sanzionato l’Er.Go per dire che il diritto allo studio non è lusso e per esprimere la nostra contrarietà ai tagli alle borse di studio, alla chiusura degli studentati, alle tasse universitarie esorbitanti; per questo motivo abbiamo sanzionato l’Atc, l’azienda trasporti bolognese che fa pagare una cifra improponibile per un biglietto, che pubblicizza la campagna “io vado e non evado” quando è proprio questa che evade quasi 2milioni di euro al fisco; per questo motivo siamo vicini, complici con le tante scuole occupate di Bologna che stanno rompendo l’immobilismo che eravamo abituati a vedere.

 

Le azioni di Làbas, le pratiche di orizzontalità e la ripresa del proprio territorio in Val Susa, le occupazioni di case in tutta Italia, i copyleft, le palestre popolari e autogestite, gli orti urbani, le autoriduzioni di biglietti e bollette, l’autorganizzazione dei lavoratori, sono alcuni esempi di come le alternative ci siano, e siano davvero praticabili. (la foto del Libanese è d’obbligo)

 

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